lunedì 3 dicembre 2007

Riflessioni sul Viaggio e sull'Africa

Mi chiedo prima di qualsiasi altra riflessione
cosa voglia dire raccontare l’Africa

attraverso il binocolo del viaggio.
Se mi chiedo: cos’è l’Africa? Mi vengono in mente subito
le parole di Kapuschinski:
“l’Africa è un continente troppo grande per poterlo descrivere.
È un oceano, un pianeta a se stante,
un cosmo vasto e ricchissimo.

E’ solo per semplificare che lo chiamiamo Africa.
A parte la sua dimensione geografica, l’Africa non esiste.”
Il concetto di viaggio è altrettanto difficile per riuscirlo ad
abbracciare nella sua complessità. Cosa vuol dire viaggiare?
Se si parte lasciando a casa il superfluo,
non si può che rimanere nudi,
nudi con noi stessi,
con il proprio io a fare i conti con l’infinitamente
altro che prende vita in ogni persona che incontriamo.
Il viaggio è dunque, prima di ogni destinazione,
nello stesso momento una partenza
per noi stessi ed un pellegrinaggio verso l’altro.
Mi viene spontaneo chiedermi anche per quale motivo
si inizia un viaggio?
“Il porto è un luogo affascinante per quelli
che partono e quelli che ritornano,

che hanno la forza di volere,
il desiderio di viaggiare ed arricchirsi”

Questo porto, immaginario,
descritto in questa frase di Boudelaire,
è quel luogo che scopriamo di possedere dentro ognuno di noi,
un luogo affascinante e irrazionale.
Verso questo luogo di passaggio siamo stati
spinti dalla curiosità e
dall’irrequietezza del nostro animo,
per iniziare il nostro viaggio.
L’Africa che cerchiamo è prima di tutto dentro di noi,
un luogo dove poter ritrovare l’immensità dell’altro.
L’unico posto in cui, l’animale sociale uomo,
ritrova il suo riconoscimento e la sua utilità
nell’incontro con l’altro
.
Non servirebbe dunque partire,
siamo circondati da altre persone,
basta affacciarsi dalla finestra,
l’altro è anche qui.
Eppure di queste persone che vediamo, forse,
qui non ne abbiamo bisogno,
diventano addirittura scomode e magari
già stiamo competendo con loro,
per un parcheggio, per un lavoro, per un posto in fila...
Abbiamo bisogno del viaggio
per ritrovare quella nudità necessaria,

abbandonando il superfluo,
per accorgerci che esiste l’altro,

che ne abbiamo bisogno.
E’ dunque il viaggio e l’Africa
che corrono in soccorso all’uomo occidentale,

al contrario di quanto ci si può aspettare.
Come disse un missionario comboniano,
quando ci si appresta a partire la valigia deve
contenere meno cose possibili,
meglio se è vuota.
Non bisogna dunque scrivere sul diario
della propria vita ciò che ci si aspetta
di trovare nel futuro,
ciò che ci si aspetta di trovare
in Africa o in Europa per esempio,
perché difficilmente poi la vita leggerà
ciò che abbiamo scritto per lei.
La valigia, metaforica,
deve essere dunque vuota di quelle immagini sull’Africa
che abbiamo già pensato dentro di noi,
non avrebbe appunto senso partire
se ciò che cerchiamo lo conosciamo già.
Partiamo vuoti, vuoti anche di noi stessi,
di ciò che di noi vogliamo cambiare perché
il viaggio ci aiuterà a farlo.



Daudi